Per orientare la nostra preghiera

 

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 13, 1-9)

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Parola del Signore

 

 

Preghiamo

 

Perché viviamo questa Quaresima come un tempo opportuno per convertire il nostro cuore, per liberarci dalla sterilità, per tornare al Signore: ché dalla nostra vita possa fiorire una risposta al suo amore paziente. Preghiamo

 

 

Per Papa Francesco e per la Chiesa perché in questo tempo, segnato dalla violenza delle armi, sappia vivere la conversione dei cuori, perché tanti possano gustare la gioia del perdono. Preghiamo

 

 

Per chi testimonia e annuncia il Vangelo anche a prezzo della vita, in situazioni difficili e dolorose. Perché accogliamo la testimonianza di tanti martiri contemporanei e sappiamo con fiducia vivere fedeli al Vangelo. Preghiamo

 

 

Per l’Ucraina, per tutte le vittime della guerra, per chi ha perso tutto, per le migliaia di persone in fuga. Perché russi e ucraini possano camminare presto su sentieri di pace. Preghiamo

 

 

 

Per nutrire il nostro cuore

 
 

Nel tempo di Quaresima il Signore ci invita alla conversione

Il Vangelo di questa terza domenica di Quaresima (cfr Lc 13,1-9) ci parla della misericordia di Dio e della nostra conversione. Gesù racconta la parabola del fico sterile. Un uomo ha piantato un fico nella propria vigna, e con tanta fiducia ogni estate va a cercare i suoi frutti ma non ne trova, perché quell’albero è sterile. Spinto da quella delusione ripetutasi per ben tre anni, pensa dunque di tagliare il fico, per piantarne un altro. Chiama allora il contadino che sta nella vigna e gli esprime la sua insoddisfazione, intimandogli di tagliare l’albero, così che non sfrutti inutilmente il terreno. Ma il vignaiolo chiede al padrone di avere pazienza e gli domanda una proroga di un anno, durante il quale egli stesso si preoccuperà di riservare una cura più attenta e delicata al fico, per stimolare la sua produttività. Questa è la parabola. Che cosa rappresenta questa parabola? Cosa rappresentano i personaggi di questa parabola?

Il padrone raffigura Dio Padre e il vignaiolo è immagine di Gesù, mentre il fico è simbolo dell’umanità indifferente e arida. Gesù intercede presso il Padre in favore dell’umanità – e lo fa sempre – e lo prega di attendere e di concederle ancora del tempo, perché in essa possano germogliare i frutti dell’amore e della giustizia. Il fico che il padrone della parabola vuole estirpare rappresenta una esistenza sterile, incapace di donare, incapace di fare il bene. È simbolo di colui che vive per sé stesso, sazio e tranquillo, adagiato nelle proprie comodità, incapace di volgere lo sguardo e il cuore a quanti sono accanto a lui e si trovano in condizione di sofferenza, di povertà, di disagio. A questo atteggiamento di egoismo e di sterilità spirituale, si contrappone il grande amore del vignaiolo nei confronti del fico: fa aspettare il padrone, ha pazienza, sa aspettare, gli dedica il suo tempo e il suo lavoro. Promette al padrone di prendersi particolare cura di quell’albero infelice.

E questa similitudine del vignaiolo manifesta la misericordia di Dio, che lascia a noi un tempo per la conversione. Tutti noi abbiamo bisogno di convertirci, di fare un passo avanti, e la pazienza di Dio, la misericordia, ci accompagna in questo. Nonostante la sterilità, che a volte segna la nostra esistenza, Dio ha pazienza e ci offre la possibilità di cambiare e di fare progressi sulla strada del bene. Ma la dilazione implorata e concessa in attesa che l’albero finalmente fruttifichi, indica anche l’urgenza della conversione. Il vignaiolo dice al padrone: «Lascialo ancora quest’anno» (v. 8). La possibilità della conversione non è illimitata; perciò è necessario coglierla subito; altrimenti essa sarebbe perduta per sempre. Noi possiamo pensare in questa Quaresima: cosa devo fare io per avvicinarmi di più al Signore, per convertirmi, per “tagliare” quelle cose che non vanno? “No, no, io aspetterò la prossima Quaresima”. Ma sarai vivo la prossima Quaresima? Pensiamo oggi, ognuno di noi: cosa devo fare davanti a questa misericordia di Dio che mi aspetta e che sempre perdona? Cosa devo fare? Noi possiamo fare grande affidamento sulla misericordia di Dio, ma senza abusarne. Non dobbiamo giustificare la pigrizia spirituale, ma accrescere il nostro impegno a corrispondere prontamente a questa misericordia con sincerità di cuore.

Nel tempo di Quaresima, il Signore ci invita alla conversione. Ognuno di noi deve sentirsi interpellato da questa chiamata, correggendo qualcosa nella propria vita, nel proprio modo di pensare, di agire e di vivere le relazioni con il prossimo. Al tempo stesso, dobbiamo imitare la pazienza di Dio che ha fiducia nella capacità di tutti di potersi “rialzare” e riprendere il cammino. Dio è Padre, e non spegne la debole fiamma, ma accompagna e cura chi è debole perché si rafforzi e porti il suo contributo di amore alla comunità. La Vergine Maria ci aiuti a vivere questi giorni di preparazione alla Pasqua come un tempo di rinnovamento spirituale e di fiduciosa apertura alla grazia di Dio e alla sua misericordia.

(Papa Francesco, Angelus 24 marzo 2019)

 

 

Moderazione nel condannare

Non è la stessa cosa strappare uno sterpo o un fiore e uccidere un uomo. Sei immagine di Dio e parli a un’immagine di Dio. Tu che giudichi sarai a tua volta giudicato; e giudichi il servo di un altro  che è governato da un altro. Esamina bene tuo fratello, come se tu dovessi essere misurato con la stessa misura. Attento a non tagliare e gettar via temerariamente un membro, nell’incertezza, perché le membra sane non abbiano ad averne un detrimento. Riprendi, rimprovera, scongiura. Hai la regola della medicina. Sei discepolo di Cristo mite e benigno, che portò le nostre infermità. Se incontri una prima resistenza, aspetta con pazienza; alla seconda, non perdere la speranza, c’è ancora tempo per una cura; al terzo scontro cerca d’imitare quel benevolo agricoltore e chiedi al Signore che non sradichi il fico infruttuoso, che lo curi, che lo concimi, attraverso la confessione. Forse si cambierà e porterà frutto e accoglierà Gesù che torna da Betania.

(San Gregorio Nazianzeno, Sermo 32, 30)

 


La penitenza nel disegno di Dio

Dio richiamò a sé il popolo e lo rinfrancò con i molti favori della sua bontà, pur avendolo riscontrato ingratissimo; e dopo averlo esortato in continuazione alla penitenza, gli inviò gli oracoli di tutti i profeti per predicarla. Appena promessa la grazia che negli ultimi tempi avrebbe illuminato l’universo intero per mezzo del suo Spirito, comandò che la precedesse la promulgazione della penitenza, affinché coloro che per grazia chiamava alla promessa del seme di Abramo, per l’adesione alla penitenza fossero destinati ad essere in anticipo raccolti (…). 

Afferra l’occasione d’impensata felicità, sì che proprio tu, un tempo nient’altro davanti al Signore se non recipiente arido, polvere del suolo e vasetto da nulla, divenga da ora in poi fico rigoglioso, albero che quasi sgorga acque, dalla chioma perenne e che porta frutti a suo tempo, in modo da non conoscere né fuoco né scure.

Conosciuta la Verità, pentiti degli errori; pentiti di aver amato ciò che Dio non ama. Noi stessi, del resto, non permettiamo ai nostri servi di conoscere quelle cose da cui ci riteniamo offesi: infatti, la ragione dell’ossequio risiede nella somiglianza degli animi (…).

È dunque un bene o no fare penitenza? Cosa rispondi? Dio dispone! Peraltro, egli non tanto dispone, quanto piuttosto esorta; invita con il premio, con la salvezza; e lo giura persino, dicendo: “Come è vero che io vivo“, e brama che gli si creda.

Beati noi dei quali Dio giura la causa; miserrimi se non crediamo neppure a Dio che giura!

Ciò che Dio raccomanda reiteratamente e insistentemente, ciò che anche nel costume umano viene attestato con giuramento, dobbiamo come somma gravità accettare e custodire, affinché nell’adesione alla divina grazia, permaniamo nel suo frutto e possiamo perseverare fino ad averne il premio.

 (Tertulliano, De paenitentia, II, 4-7; IV, 1-8)