Per orientare la nostra preghiera

 

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 6, 1-6)

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

Parola del Signore

 

 

Preghiamo

 

Perché ad un mondo che ha bisogno di salvezza, il Signore doni voci profetiche di speranza, capaci di orientare l’umanità incerta e smarrita in questo tempo difficile. Preghiamo.

 

Per  Papa Francesco e per la Chiesa della nostra città, perché con semplicità e gioia comunichi a tutti il Vangelo nel quale ogni persona può trovare il senso della propria vita. Preghiamo.

 

Per i poveri, i vulnerabili, per coloro che soffrono, soprattutto a causa della pandemia, perché possano trovare l’amore e l’accoglienza della comunità cristiana Preghiamo.

 

Per chi è anziano e sente il peso della debolezza, per quanti vivono nella solitudine, perché trovino sostegno e forza in una rinnovata alleanza tra le generazioni. Preghiamo

 

 

Per nutrire il nostro cuore

 

 

Il profeta è disprezzato nella sua patria

Venuto, dunque, nel suo paese, Gesù si astiene dai miracoli per non infiammare ulteriormente l`invidia dei suoi compaesani e non doverli condannare più duramente per la loro testarda incredulità; ma, in cambio, espone loro la sua dottrina, che, certo, non merita minor ammirazione dei miracoli. Tuttavia, costoro, completamente insensati, mentre dovrebbero ascoltare con intenso stupore e ammirare la forza delle sue parole, al contrario lo disprezzano per l`umile condizione di colui che ritengono suo padre. Eppure hanno molti esempi, verificatisi nei secoli precedenti, di figli illustri nati da padri oscuri. Così David era figlio di Jesse, umile agricoltore; Amos era figlio di un guardiano di capre e pastore lui stesso; Mosè, il legislatore, aveva un padre assai meno illustre di lui. Dovrebbero, quindi, onorare e ammirare Gesù proprio per questo fatto: che, pur sembrando loro di umile origine, insegna quella dottrina. È ben evidente così che la sua sapienza non deriva da studio, ma dalla grazia divina. Invece lo disprezzano per ciò che dovrebbero, al contrario, ammirare.

D`altra parte Gesù frequenta le sinagoghe per evitare di essere accusato come solitario e nemico della convivenza umana, il che sarebbe accaduto se egli fosse vissuto sempre nel deserto. “Ed essi ne restavano stupiti e dicevano: Donde viene a costui questa sapienza e questa potenza?” (Mt 13,54), chiamando potenza la sua facoltà di operare miracoli o anche la sua stessa sapienza. “Non è questi il figlio del falegname?” (Mt 13,55). Quindi più grande il prodigio, e maggiore lo stupore. “Sua madre non si chiama Maria? E i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe Simone e Giuda? E le sorelle sue non sono tutte qui fra noi? Donde mai gli viene tutto questo? E si scandalizzavano di lui” (Mt 13,55-57).

Vedete che Gesù parla proprio a Nazaret? Non sono suoi fratelli, dicono, il tale e il tal altro? E che importa? Questa dovrebbe essere la ragione più valida per credere in lui. Purtroppo l`invidia è una passione malvagia e spesso combatte e contraddice se stessa. Ciò che è straordinario, sorprendente e suscettibile di attirarli a Gesù, questo invece li scandalizza.

Che risponde loro Cristo? «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e nella propria sua casa». E non operò molti miracoli, a causa della loro incredulità” (Mt 13,57-58). Anche Luca da parte sua riferisce che non fece lì molti miracoli (cf. Lc 4,16-30). Ma, mi direte voi, sarebbe stato naturale e logico farli. Se Gesù aveva la possibilità di suscitare ammirazione – come in realtà avvenne – per qual motivo non operava miracoli? Sta di fatto che egli non aveva di mira la propria gloria, ma il loro bene.

Tuttavia poiché questo bene non si realizzava, Cristo trascurò la propria manifestazione per non aumentare il castigo dei suoi compaesani. Osservate dopo quanto tempo e dopo quale dimostrazione di miracoli egli torna presso di loro: ma neppur così lo accolgono, anzi si accendono più vivamente di invidia. E perché allora, voi chiederete, Gesù ha operato qualche miracolo? L`ha fatto perché non gli dicessero: “Medico, cura te stesso” (Lc 4,23), e non affermassero che egli era avversario e nemico loro e disprezzava i suoi concittadini; non voleva infine sentir dire: Se avesse operato miracoli, noi pure avremmo creduto. Per questo egli opera qualche miracolo e in seguito si ritira, compiendo, da una parte, ciò che spetta a lui ed evitando dall`altra di condannarli più severamente.

Ebbene, osservate ora la potenza delle parole di Cristo: malgrado fossero dominati dall`invidia, quelli tuttavia restano stupiti. E come nelle sue opere non biasimano l`atto in se stesso, ma immaginano cause inesistenti dicendo: «In virtù di Beelzebul caccia i demoni», così anche ora non condannano la sua dottrina, ma ricorrono, per disprezzarlo, all`umiltà della sua origine. Ammirate d`altra parte la moderazione del Maestro: egli non li biasima con violenza, ma dichiara con molta mitezza: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria», e non si ferma qui, ma aggiunge: «e nella sua stessa casa», alludendo, io credo, con queste ultime parole ai suoi parenti.

(Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 48, 1)

 

La famiglia di Gesù

Circa l`esclamazione: “Donde gli viene tanta sapienza?” (Mt 13,54), essa mostra chiaramente la sapienza superiore e sconvolgente delle parole di Gesù, che si è meritata l`elogio: “Ed ecco che qui vi è più di Salomone” (Mt 12,42). E i miracoli da lui compiuti erano più grandi di quelli di Elia e di Eliseo, persino più grandi di quelli, più antichi, di Mosè e di Giosuè figlio di Nun. Mormoravano stupiti, perché non sapevano che egli era nato da una vergine, oppure non lo avrebbero creduto neppure se glielo avessero detto, mentre supponevano che egli fosse il figlio di Giuseppe, l`artigiano: “Non è egli figlio del falegname?” (Mt 13,55). E pieni di disprezzo verso tutto ciò che poteva sembrare la sua parentela più prossima, dicevano: “Sua madre non si chiama Maria, e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte tra dí noi?” (Mt 13,55.56). Lo ritenevano dunque figlio di Giuseppe e di Maria. Quanto ai fratelli di Gesù, taluni pretendono, appoggiandosi al cosiddetto vangelo «secondo Pietro» o al «libro di Giacomo» [apocrifi], che essi siano i figli di Giuseppe, nati da una prima moglie che egli avrebbe avuto prima di Maria. I sostenitori di questa teoria vogliono salvaguardare la credenza nella verginità perpetua di Maria, non accettando che quel corpo, giudicato degno di essere al servizio della parola che dice: “Lo Spirito di santità scenderà su di te e la potenza dell`Altissimo poserà su di te la sua ombra” (Lc 1,35), conoscesse il letto di un uomo, dopo aver ricevuto lo Spirito di santità e la potenza discesa dall`alto, che la ricoprì con la sua ombra. Da parte mia, penso che sia ragionevole vedere in Gesù le primizie della castità virile nel celibato, e in Maria quelle della castità femminile, sarebbe in effetti sacrilego attribuire ad un`altra tali primizie della verginità…

Le parole: “E le sue sorelle non sono tutte tra di noi?“, mi sembrano avere il seguente significato: la loro sapienza e la nostra, non certo quella di Gesù, e nulla vi è in loro che sia a noi estraneo, la cui comprensione ci rimanga difficile, come in Gesù. E` possibile che, attraverso queste parole, affiori un dubbio circa la natura di Gesù, che non sarebbe un uomo, bensì un essere superiore, poiché, pur essendo, come essi credono, figlio di Giuseppe e di Maria, e pur avendo quattro fratelli, come pure alcune sorelle, non somiglia ad alcuno dei suoi prossimi e, senza aver ricevuto una istruzione e senza maestri, ha raggiunto un tale grado di sapienza e di potenza. Difatti, dicevano altrove: “Come fa costui a conoscere le Scritture, senza avere studiato?” (Gv 7,15). E` un testo simile a quello qui riportato. Tuttavia coloro che parlavano in questo modo, pieni di un tal dubbio e di stupore, ben lontani dal credere, si scandalizzavano a suo riguardo (cf. Mt 13,57), come se gli occhi della loro mente fossero asserviti (cf. Lc 24,16) da potenze di cui egli avrebbe trionfato (cf. Col 2,15) sul legno, nell`ora della sua Passione…

È venuto il momento di illustrare il passo: “Colà, egli non fece molti miracoli, a causa della loro incredulità” (Mt 13,58). Queste parole ci insegnano che i miracoli si compivano in mezzo ai credenti, poiché “a chi ha sarà dato e sarà nell`abbondanza” (Mt 25,29), mentre invece tra gli increduli i miracoli non solo non producevano effetto, ma addirittura, come ha scritto Marco, non potevano produrlo. Fa` attenzione, infatti, a queste parole: “Non poté compiere alcun miracolo“; difatti, non ha detto: “Non volle“…. bensí: “Non poté“… (Mc 6,5), perché si sovrappone al miracolo che sta per compiersi una collaborazione efficace proveniente dalla fede di colui su cui agisce il miracolo, e che l`incredulità impedisca tale azione. Di modo che, è il caso di sottolinearlo, a coloro che hanno detto: “Per quale motivo non abbiamo potuto scacciarlo?“, egli ha risposto: “A causa della vostra poca fede” (Mt 17,19-20), e a Pietro che cominciava ad affondare, fu detto: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?” (Mt 14,31). L`emorroissa, al contrario, senza aver neppure richiesta la guarigione, diceva tra sé semplicemente che “se avesse potuto toccare solo il lembo del suo mantello” (Mc 5,28), sarebbe guarita, e lo fu all`istante (cf. Mt 9,22; Lc 8,47); e il Signore riconobbe quel modo di guarire, quando disse: “Chi mi ha toccato? Perché ho avvertito una potenza uscire da me” (Lc 8,46; cf. Mt 5,30). E come taluni, quando si tratta dei corpi, esercitano una specie di attrazione naturale sugli altri – sul tipo di ciò che avviene tra la calamita e il ferro o tra la nafta e il fuoco – così una fede del genere attira forse il miracolo divino; ecco perché egli ha anche detto: “Se aveste fede quanto un granello di senapa, direte a questo monte: «spostati da qui a là», ed esso si sposterà” (Mt 17,20).

Mi sembra che, però, Matteo e Marco abbiano voluto stabilire la netta superiorità della potenza divina, capace di agire anche in mezzo all`incredulità, senza tuttavia dimostrare la stessa potenza che di fronte alla fede di coloro che beneficiano del miracolo; quando il primo non ha detto che “egli non fece miracoli  a causa della loro incredulità,” bensì che “colà, egli non fece molti miracoli” (Mt 13,58); quando invece Marco dice: “In quel luogo non poté compiere alcun miracolo“, non si limita a questo bensì aggiunge: “tranne che impose le mani su alcuni malati e li guarì“(Mc 6,5), poiché la potenza che è in lui trionfa, in tali condizioni, della stessa incredulità.

(Origene, Comment. in Matth., 10, 17-19)