Per orientare la nostra preghiera

 

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 4, 1-13)

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”».
Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

Parola del Signore

 

 

Preghiamo

 

 

I Domenica di Quaresima C

 

 

 

Perché in questo tempo di Quaresima scegliamo la lotta non contro gli altri ma contro noi stessi per vincere il male con l’aiuto della Parola di Dio. Preghiamo

 

 

Per il nostro vescovo Papa Francesco, per tutti i cristiani, perché tutti aiutiamo a ritrovare la via della pace e della riconciliazione. Preghiamo

 

 

Perché di fronte all’Ucraina, nessuno cada nella rabbia  e nella rassegnazione; perché sia illuminata la strada che porta al dialogo. preghiamo

 

 

Perché tendiamo la mano a chi fugge dalla guerra, per il popolo dei profughi e dei fragili, per la loro protezione e la loro salvezza. Preghiamo

 

 

Per il cammino sinodale che stiamo compiendo, perché sia il lievito che ci porta tutti a ritrovarci in una comunità che sa mettere al centro i poveri ed i più piccoli. Preghiamo

 

 

Per nutrire il nostro cuore

 
 

Supplichiamo Dio più intensamente

 

In questi giorni siamo stati sconvolti da qualcosa di tragico: la guerra. Più volte abbiamo pregato perché non venisse imboccata questa strada. E non smettiamo di pregare, anzi, supplichiamo Dio più intensamente. Per questo rinnovo a tutti l’invito a fare del 2 marzo, Mercoledì delle ceneri, una giornata di preghiera e digiuno per la pace in Ucraina. Una giornata per stare vicino alle sofferenze del popolo ucraino, per sentirci tutti fratelli e implorare da Dio la fine della guerra.

Chi fa la guerra dimentica l’umanità. Non parte dalla gente, non guarda alla vita concreta delle persone, ma mette davanti a tutto interessi di parte e di potere. Si affida alla logica diabolica e perversa delle armi, che è la più lontana dalla volontà di Dio. E si distanzia dalla gente comune, che vuole la pace; e che in ogni conflitto è la vera vittima, che paga sulla propria pelle le follie della guerra. Penso agli anziani, a quanti in queste ore cercano rifugio, alle mamme in fuga con i loro bambini… Sono fratelli e sorelle per i quali è urgente aprire corridoi umanitari e che vanno accolti.

Con il cuore straziato per quanto accade in Ucraina – e non dimentichiamo le guerre in altre parti del mondo, come nello Yemen, in Siria, in Etiopia… –, ripeto: tacciano le armi! Dio sta con gli operatori di pace, non con chi usa la violenza. Perché chi ama la pace, come recita la Costituzione Italiana, «ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» (Art. 11).

(Papa Francesco, domenica 27 febbraio 2022)

 

 

Un grido sale verso il cielo: pace! pace!

 

“Signore, ascolta la supplica del tuo servo, la supplica dei tuoi servi, che temono il tuo nome”. Questa antica preghiera biblica sale oggi alle nostre labbra tremanti dal profondo del nostro cuore ammutolito e afflitto.

Mentre si apre il Concilio Vaticano II, nella gioia e nella speranza di tutti gli uomini di buona volontà, ecco che nubi minacciose oscurano nuovamente l’orizzonte internazionale e seminano la paura in milioni di famiglie.

La Chiesa – e noi lo affermavamo accogliendo le ottantasei missioni straordinarie presenti all’apertura del Concilio – la Chiesa non ha nel cuore che la pace e la fraternità tra gli uomini, e lavora, affinché questi obbiettivi si realizzino.

Noi ricordiamo a questo proposito i gravi doveri di coloro che hanno la responsabilità del potere. E aggiungiamo: “Con la mano sulla coscienza, che ascoltino il grido angoscioso che, da tutti i punti della terra, dai bambini innocenti agli anziani, dalle persone alle comunità, sale verso il cielo: pace! pace!”.

Noi rinnoviamo oggi questa solenne implorazione. Noi supplichiamo tutti i governanti a non restare sordi a questo grido dell’umanità. Che facciano tutto quello che è in loro potere per salvare la pace. Eviteranno così al mondo gli orrori di una guerra, di cui non si può prevedere quali saranno le terribili conseguenze.

Che continuino a trattare, perché questa attitudine leale e aperta è una grande testimonianza per la coscienza di ognuno e davanti alla storia. Promuovere, favorire, accettare i dialoghi, a tutti i livelli e in ogni tempo, è una regola di saggezza e di prudenza che attira la benedizione del cielo e della terra.

Che tutti i nostri figli, che tutti coloro che sono segnati dal sigillo del battesimo e nutriti dalla speranza cristiana, infine che tutti coloro che sono uniti a noi per la fede in Dio, uniscano le loro preghiere alla nostra per ottenere dal cielo il dono della pace: di una pace che non sarà vera e duratura se non si baserà sulla giustizia e l’uguaglianza.

Che a tutti gli artigiani di questa pace, a tutti coloro che con cuore sincero lavorano per il vero bene degli uomini, vada la grande benedizione che Noi accordiamo loro con amore al nome di Colui che ha voluto essere chiamato “Principe della pace” 

(Santo Papa Giovanni XXIII, Radiomessaggio per l’intesa e la concordia tra i popoli, 25 ottobre 1962)

 

 

Le tentazioni nel deserto

Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo” (Lc 4,1-2; Mt 4,1). Conviene ricordare come avvenne che il primo Adamo fu cacciato dal paradiso nel deserto, affinché tu rifletta in qual modo il secondo Adamo dal deserto sia tornato al paradiso.
Osservate come la condanna sia stata revocata, e i benefici di Dio reintegrati nei loro disegni. Adamo fu plasmato con la terra vergine, Cristo è nato da una vergine; quegli fu fatto ad immagine di Dio, questi è la stessa immagine di Dio; quello fu posto al di sopra di tutti gli animali sprovvisti di ragione, questo è al di sopra di tutti i viventi; per mezzo di una donna venne la perdizione, per mezzo di una vergine viene la sapienza la morte per mezzo di un albero, la vita per la croce.
L’uno, spoglio delle cose spirituali, si coprì con le foglie di un albero; l’altro, spoglio delle cose del mondo, non ebbe bisogno del rivestimento corporale. Nel deserto Adamo, nel deserto Cristo; questi infatti sapeva dove poter trovare l’uomo condannato per ricondurlo al paradiso, dopo averne cancellato la colpa. Ma, poiché l’uomo non poteva tornare al paradiso coperto delle spoglie di questo mondo – e non può essere cittadino del cielo se non chi si è spogliato di ogni colpa – abbandonò il vecchio uomo, e si rivestì del nuovo, di modo che si avesse più un mutamento di persona che di sentenza, poiché non si possono abrogare i decreti divini.
Colui che nel paradiso, senza guida, smarrì la via assegnatagli, come avrebbe potuto, senza guida, riprendere nel deserto la via smarrita, lì dove le tentazioni sono moltissime, difficile lo sforzo verso la virtù, facile la caduta nell’errore? La virtù è un po’ come le piante dei boschi: quando sono ancora basse salgono da terra verso il cielo; quando la loro età cresce nel tenero fogliame, esposte come sono al pericolo di denti crudeli, possono essere facilmente tagliate e inaridite. Ma quando l’albero si sia stabilito su profonde radici, e si erga con l’altezza dei rami, invano sarebbe attaccato dai morsi delle fiere, dalle braccia dei contadini e dal soffio delle procelle.
Quale guida dunque egli avrebbe potuto seguire contro tanti adescamenti di questo mondo, contro tanti inganni del diavolo, sapendo che noi dobbiamo lottare prima di tutto «contro la carne e il sangue», poi contro le “potenze, contro i principi del mondo delle tenebre, e contro gli spiriti del male che circolano nell’aria” (Ef 6,11-12)?
Avrebbe potuto seguire un angelo? Ma l’angelo stesso è caduto; le legioni degli angeli a malapena sono state utili a qualcuno (cf. Mt 26,53; 2Re 6,17-18). Sarebbe potuto essere inviato un serafino? Ma un serafino discese sulla terra in mezzo a un popolo che aveva le labbra immonde (cf. Is 6,6-7), e riuscì soltanto a purificare le labbra di un profeta con un carbone ardente. Si dovette cercare un’altra guida, che tutti quanti noi potessimo seguire.
E chi poteva essere una guida così grande che potesse aiutare tutti, se non colui che è al di sopra di tutti? Chi avrebbe potuto mettersi al di sopra del mondo, se non chi è più grande del mondo? Chi poteva essere una guida così sicura, che potesse condurre nella stessa direzione l’uomo e la donna, il giudeo e il greco, il barbaro e lo scita, il servo e l’uomo libero, se non il solo che è tutto in tutti, cioè il Cristo?
Noi dunque non temiamo le tentazioni, ma piuttosto vantiamocene e diciamo: “È nella debolezza che siamo potenti” (2Cor 12,10), è allora infatti che viene intrecciata per noi la corona della giustizia (cf. 2Tm 4,8). Ma questa corona di cui si parla è quella adatta a Paolo, mentre noi, dato che vi sono diverse corone, dobbiamo sperare di riceverne una qualsiasi. In questo mondo corona è l’alloro, e corona è lo scudo. Ma ecco, a te viene offerta una corona di delizie, perché “una corona di delizie ti farà ombra” (Pr 8,6); e altrove: “Ti circonderà con lo scudo della sua benevolenza” (Sal 5,13; 90,5); infine, il Signore “ha coronato di gloria e onore colui che amava” (cf. Sal 8,6). Dunque, colui che vuol darci la corona permette anche le prove: se sarai tentato, sappi che egli ti sta preparando la corona. Togli i combattimenti dei martiri, hai tolto le corone; togli i loro tormenti, hai tolto i loro trionfi.
Forse che la tentazione di Giuseppe non è stata la consacrazione della sua virtù (cf. Gen 39,7ss), l’ingiustizia del carcere la corona della sua castità? In qual modo avrebbe potuto ottenere di essere associato in Egitto alla dignità regale, se non fosse stato venduto come schiavo dai suoi fratelli? (cf. Gen 41,43). Egli stesso dimostrò che tutto questo fu voluto da Dio per mettere alla prova il giusto, dicendo: “in modo da far sì che oggi molta gente si salvasse” (Gen 50,20). Non dobbiamo quindi temere come fossero sciagure le prove del mondo, grazie alle quali si preparano per noi le buone ricompense; piuttosto, tenendo conto della condizione umana, dobbiamo chiedere di subire quelle prove che possiamo sopportare.

(Sant’Ambrogio, In Luc., 4, 7-9.41 s.)

 

 

Gesù fu tentato perché la Chiesa imparasse che si va a lui attraverso molte tribolazioni e tentazioni

La vita dei mortali è piena di lacci insidiosi, è tutta una rete di inganni tesi al genere umano per odio contro il Signore, da quel gigante cacciatore chiamato Nembroth. Infatti chi, se non il diavolo, è il vero gigante che si ribella anche a Dio? I lacci delle tentazioni e l’inganno delle insidie sono chiamati appunto reti del diavolo. E poiché il nemico aveva teso ovunque queste reti e vi aveva fatto cadere quasi tutti, fu necessario che venisse a infrangerle uno più forte e potente di lui per poter aprire la via a quelli che lo avrebbero seguito. Per questa ragione anche il Salvatore, prima di giungere all’unione nuziale con la Chiesa, fu tentato dal diavolo, perché con la sua vittoria sulle tentazioni potesse prepararla e chiamarla a sé, insegnandole chiaramente col suo esempio che non nell’ozio e nei piaceri, ma attraverso molte tribolazioni e tentazioni doveva venire a Cristo. Nessun altro era stato capace di oltrepassare queste reti, com’è scritto: «tutti hanno peccato» (Rm 3,23). E ancora, dice la Scrittura: «Non c’è sulla terra un uomo così giusto che faccia solo il bene e non pecchi» (Qo 7,20), e di nuovo: Non c’è nessuno senza peccato, anche se la sua vita fosse di un sol giorno (cfr Sal 50,7; Gb 15,14). Dunque il nostro Signore e Salvatore Gesù è stato il solo a non commettere peccato, ma il Padre «Io trattò da peccato in nostro favore» (2Cor 5,21), cosicché «mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato, e in vista del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne» (Rm 8,3).
Si accostò dunque a queste reti, ma fu l’unico a non rimanervi impigliato; anzi, spezzandole e distruggendole, diede alla sua Chiesa il coraggio di calpestarne i lacci e di oltrepassarle, dicendo con tutto l’ardore: «Noi siamo stati liberati come un uccello dal laccio dei cacciatori; il laccio si è spezzato e noi siamo scampati» (Sal 123,7).
Ma chi spezzò quel laccio se non colui che era il solo a non poterne essere avvinto? Poiché egli è morto, è vero, ma di sua spontanea volontà e non, come noi, per aver peccato. Ed essendo libero fra i morti, per questo, debellato chi aveva il potere sulla morte, liberò coloro che erano schiavi della morte. E non solo risuscitò se stesso, ma risvegliò anche loro e li fece sedere con sé nei cieli. Infatti, salendo al cielo, condusse come schiava la schiavitù, non solo liberando le anime ma risuscitando anche i corpi, come attesta l’Evangelo quando dice che «molti corpi di santi morti risuscitarono e apparvero a molti, ed entrarono nella città santa» del Dio vivente, Gerusalemme (Mt 27,52.53).

(Origene, dai «Discorsi sul Cantico dei Cantici»)