Per orientare la nostra preghiera

 

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 10, 27-30)

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

Parola del Signore

 

 

Preghiamo

 

Per i giovani perché nell’incontro con il Vangelo diventino operatori di pace e testimonino insieme con gli anziani l’amicizia fedele che cambia il mondo. Preghiamo.

 

Per Papa Francesco e con lui per tutti i vescovi e i sacerdoti cui è affidato il sevizio pastorale del popolo di Dio, perché siano testimoni umili ed efficaci dell’amore paziente e misericordioso di Gesù Buon Pastore. Preghiamo

 

Perché cessi ogni inutile spargimento di sangue in Ucraina e giunga finalmente il tempo della pace. Per tutte le vittime della guerra e per la protezione di chi è in pericolo. Preghiamo

 

Per tutti i profughi, per gli immigrati che approdano nel nostro paese in condizioni di pericolo e di grande povertà perché trovino accoglienza e sicurezza per la loro vita. perché siamo solidali con loro. Preghiamo

 

Per nutrire il nostro cuore

 

Io e il Padre siamo uno.

Non dimenticate mai ciò che insistentemente ho fatto notare alla vostra Carità, e cioè che san Giovanni evangelista non vuole alimentarci sempre con latte, ma vuole sostenerci con cibo solido. Chi però non è ancora in grado di ricevere il cibo solido della parola di Dio, si nutra col latte della fede, accettando senza esitazione la parola che non riesce a comprendere. Nello sforzo che il nostro intelletto fa per penetrare la parola di Dio, si purifica, liberandosi dall’inevitabile foschia umana e si chiarisce alla sua luce. Quando si ama, non ci si sottrae allo sforzo. Sapete infatti che chi ama non sente fatica; mentre anche la minima fatica è pesante per chi non ama. Se tante fatiche impone la cupidigia agli avari, la carità non dovrà esigere da noi alcuna fatica?…

Chi crede si avvicina, chi nega si allontana. Non si muove l’anima con i piedi, ma con l’affetto del cuore.

Gesù dice: “voi non credete perché non appartenete alle mie pecore” (Gv 10, 26).

Cercate di essere sue pecore anche voi! Lo sono quelli che credono, che seguono il loro pastore, che non disprezzano il loro redentore, che entrano per la porta e ne escono trovando il pascolo.

Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco, e mi seguono. Io do loro la vita eterna (Gv 10, 28). Ecco il pascolo. Viene presentata la vita eterna come un buon pascolo; l’erba non inaridisce dove tutto è sempre verdeggiante e pieno di vita: c’è un’erba di cui si dice che è sempre viva. In quel pascolo si trova soltanto la vita.

Io – dice – darò la vita eterna alle mie pecore. … 

(S. Agostino, Omelia 48)

 

Io sono il buon Pastore; conosco le mie pecore, cioè le amo, e le mie pecore conoscono me (Gv 10, 14). Come a dire apertamente: corrispondono all’amore di chi le ama. La conoscenza precede sempre l’amore della verità

Domandatevi, fratelli carissimi, se siete pecore del Signore, se lo conoscete, se conoscete il lume della verità. Parlo non solo della conoscenza della fede, ma anche di quella dell’amore; non del solo credere, ma anche dell’operare. L’evangelista Giovanni, infatti, spiega: “Chi dice: Conosco Dio, e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo” (1 Gv 2, 4).

Perciò in questo stesso passo il Signore subito soggiunge: “Come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e offro la vita per le pecore” (Gv 10, 15). Come se dicesse esplicitamente: da questo risulta che io conosco il Padre e sono conosciuto dal Padre, perchè offro la mia vita per le mie pecore; cioè io dimostro in quale misura amo il Padre dall’amore con cui muoio per le pecore. 

     Di queste pecore di nuovo dice: Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna (cfr. Gv 10, 14-16). Di esse aveva detto poco prima: “Se uno entra attraverso di me, sarò salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo” (Gv 10, 9). Entrerà cioè nella fede, uscirà dalla fede alla visione, dall’atto di credere alla contemplazione, e troverà i pascoli nel banchetto eterno.

     Le sue pecore troveranno i pascoli, perché chiunque lo segue con cuore semplice viene nutrito con un alimento eternamente fresco. Quali sono i pascoli di queste pecore, se non gli intimi gaudi del paradiso, ch’è eterna primavera? Infatti pascolo degli eletti è la presenza del volto di Dio, e mentre lo si contempla senza paura di perderlo, l’anima si sazia senza fine del cibo della vita.

     Cerchiamo, quindi, fratelli carissimi, questi pascoli, nei quali possiamo gioire in compagnia di tanti concittadini. La stessa gioia di coloro che sono felici ci attiri. Ravviviamo, fratelli, il nostro spirito. S’infervori la fede in ciò che ha creduto. I nostri desideri s’infiammino per i beni superni. In tal modo amare sarà già un camminare.

     Nessuna contrarietà ci distolga dalla gioia della festa interiore, perché se qualcuno desidera raggiungere la meta stabilita, nessuna asperità del cammino varrà a trattenerlo. Nessuna prosperità ci seduca con le sue lusinghe, perché sciocco è quel viaggiatore che durante il suo percorso si ferma a guardare i bei prati e dimentica di andare là dove aveva intenzione di arrivare.

(San Gregorio Magno)

 

Pasci le mie pecorelle

Il Signore domanda a Pietro se gli vuole bene – ciò che già sapeva ; gli domanda, non una sola volta, ma una seconda e una terza ; e altrettante volte niente altro gli affida che il compito di pascere le sue pecore. Così alla sua triplice negazione corrisponde la triplice confessione d’amore, in modo che la sua lingua non abbia a servire all’amore meno di quanto ha servito al timore, e in modo che la testimonianza della sua voce non sia meno esplicita di fronte alla vita, di quanto lo fu di fronte alla minaccia della morte. Sia dunque impegno di amore pascere il gregge del Signore, come fu indice di timore negare il pastore. Coloro che pascono le pecore di Cristo con l’intenzione di volerle legare a sé, non a Cristo, dimostrano di amare se stessi, non Cristo, spinti come sono dalla cupidigia di gloria o di potere o di guadagno, non dalla carità che ispira l’obbedienza, il desiderio di aiutare e di piacere a Dio. Contro costoro, ai quali l’Apostolo rimprovera, gemendo, di cercare i propri interessi e non quelli di Gesù Cristo (cf. Fil 2, 21), si leva forte e insistente la voce  di Cristo. Che altro è dire: Mi ami tu? Pasci le mie pecore, se non dire: Se mi ami, non pensare a pascere te stesso, ma pasci le mie pecore, come mie, non come tue; cerca in esse la mia gloria, non la tua; il mio dominio, non il tuo; il mio guadagno e non il tuo… Non siamo dunque amanti di noi stessi, ma amiamo il Signore. Nel pascere le sue pecore, cerchiamo il guadagno del Signore senza preoccuparci del nostro.

 (Sant’Agostino)