La facciata a guscio in stile romanico di Santa Maria in Trastevere è dominata dal mosaico, eseguito in tempi diversi che raffigura la Madonna lattante in trono col Bambino e i due donatori inginocchiati ai loro piedi. Ai lati due teorie di sante con una lampada in mano.

L’interpretazione dell’opera è piuttosto controversa. Per alcuni il corteo rappresenterebbe la parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte (Mt 25, 1-13) per altri immagini di sante recanti nelle mani la lampada accesa simbolo della fede. Secondo questa interpretazione le sante raffigurate con la lampada spenta sarebbero il risultato di un restauro troppo sommario. Anche sulla datazione del mosaico non si è trovato un accordo; se il mosaico può essere collocato intorno alla metà del XII secolo i due donatori potrebbero raffigurare papa Innocenzo II e papa Eugenio III; se databile agli inizi del XIV secolo uno dei due donatori potrebbe raffigurare il canonico de Molpiliis che fu committente di tre immagini di vergini del mosaico.

L’ipotesi più accreditata vedrebbe la realizzazione delle figure centrali (Maria col Bambino, i donatori e le prime due sante a destra e sinistra) nella prima metà del XIII secolo ad opera di artisti che avrebbero preso modello i mosaici di influsso bizantino realizzati da maestranze venete nell’abside di San Paolo Fuori le Mura sotto Onorio III.

Corona la facciata un frontone affrescato nel XIX secolo dal pittore e decoratore romano Siverio Capparoni (1831 – 1907). L’affresco realizzato in uno stile che evoca l’arte tardo-gotica è stato reso nuovamente visibile grazie a una minuziosa opera di restauro nel 2018 e raffigura il Salvatore assiso sul trono tra sette candelabri, due angeli in ginocchio e i simboli dei quattro Evangelisti. Ai suoi piedi Pio IX, il papa committente, in atteggiamento orante.

Dello stesso autore sono gli affreschi realizzati nella fascia inferiore negli spioventi a destra e sinistra che raffigurano le città di Betlemme e di Gerusalemme e, tra le finestre centinate aperte sulla facciata da Vespignani, palme e pecore pascenti.

Sulla balaustra della terrazza che sovrasta il portico sono collocate le statue dei santi Callisto, Cornelio, Giulio e Calepodio scolpite da Giovan Battista Théodon, Michele Maille, Lorenzo Ottoni e Vincenzo Felici nel 1702. Chiudono le arcate del portico i cancelli disegnati da Carlo Fontana. 

Il campanile, eretto nella prima metà del XII secolo durante la fase di ricostruzione di papa Eugenio III conserva, nonostante i numerosi interventi di restauro, il suo tipico aspetto romanico con medaglioni in cotto e maiolica. I piani sono sottolineati da cornici marcapiano e movimentati da trifore e doppie bifore in parte mutate. All’ultimo livello una piccola edicola ripara un mosaico tardomedievale raffigurante la Madonna col Bambino mentre al secondo piano fu collocato nell’Ottocento un orologio.